“Cartoon contemporaneo” fatto di corpi
Le rubriche di fashionchannel.ch: “DANZA & BALLETTO” con la Direzione artistica di Michele Olivieri
CREMONA - Ritorna al teatro Ponchielli Silvia Gribaudi con MONJOUR, in scena domenbica 26 marzo (ore 20.30), Lo spettacolo è un “cartoon contemporaneo” fatto di corpi in carne ed ossa guidati dall’ironia di Silvia Gribaudi, un dispositivo performativo che mette al centro una riflessione sul potere e sul gioco di manipolazione tra performer e spettatore.
La messa in scena, accesa dai disegni pop dall’artista Francesca Ghermandi, rende permeabili i confini tra artisti e regista, scompagina gli ordini e i ruoli, diviene un urlo che mette al centro la fragilità umana come punto di forza, la fallibilità come potere rivoluzionario, l’inaspettato come possibilità di vedere oltre ai limiti previsti il tutto in puro stile Gribaudi
MONJOUR è un dispositivo performativo che mette al centro una riflessione sul potere e sul gioco di manipolazione tra performer e spettatore/spettatrici. Nato nel 2019, MONJOUR è messo in discussione nel 2020 ed è rinato nel 2021. Lo spettacolo prosegue il percorso di ricerca che l’artista e coreografa Silvia Gribaudi sviluppa sullo “smascheramento dei cliché” e dei riti.
In ogni progetto Gribaudi prova a destrutturare il rapporto formale tra pubblico e performer per creare un cortocircuito che spesso esplode in una risata, ma che sempre genera uno spazio di libertà. Il titolo MONJOUR, in una delle sue accezioni, racchiude quell’inciampo o imprevisto che determina una giornata, sia positiva che negativa, è un giorno per esistere insieme nello spaesamento.
Ma siamo disposti ancora ad accogliere e seguire l’imprevisto? Durante la performance l’esortazione: “It’s for you!” lo ricorda costantemente e sollecita il corpo e le emozioni di chi lo riceve. Il lavoro di Silvia Gribaudi a partire da A corpo libero (2009) a R.OSA (2017) e Graces (2019), ha attraversato una riflessione continua sulla responsabilità del performer/autore/autrice partendo da un approccio non concettuale, ma fisico. Per questo, per comprendere il processo creativo dell’autrice, si richiede uno sforzo, non solo concettuale ma anche fisico. Solo dopo tale azione si può ascoltare dentro al corpo cosa rimane.
In questo senso anche l’applauso è azione fisica e dentro MONJOUR si chiede di applaudire molto: un rito che per alcuni/e è piacere mentre per altri/e è sforzo. Cosa accade quando ci immergiamo nell’universo che ci chiede l’artista, seguendone le regole implicite che vengono dichiarate sin dall’inizio? Sulla scena ci sono due danzatori, un clown/attore e due acrobati in dialogo con la regista/performer e il pubblico, in un gioco di montaggio e smontaggio drammaturgico che crea un prismatico vortice coreografico. Perché l’approccio ludico può essere la chiave, ma anche la trappola. Se la performance contemporanea ci ha abituato a fruire del fatto teatrale come un gioco, dunque più accattivante, a quanto siamo disposti e disposte a rinunciare in termini di attenzione, concentrazione, fatica intellettuale? Il gioco, quindi, non è solo evasione deresponsabilizzante, può essere anche un affare molto serio. La complicità e la libertà sono le uniche regole che possono creare un incontro e una relazione, perché determinano la temperatura emotiva di un’esperienza spiazzante. Gli artisti in scena scatenano reazioni anche molto diverse e visibili nel pubblico. È la platea il vero teatro a cui ognuno/a di noi assiste da vicino e con il vicino e la vicina: chi ride, chi si chiude, chi non capisce perché si ride, chi si esalta. Una platea che diventa un po’ arena in cui possiamo decidere di esserne complici o di infastidirci, ma è comunque uno spazio in cui siamo collettività/comunità, di cui in qualche modo siamo parte integrante. Il gioco non è davanti a voi, ma siamo tutti e tutte noi. Siamo disposti/e ad entrare in questo spazio di relazione, a scardinare i nostri ruoli e i nostri giochi di potere? siamo disposti e disposte ad ascoltare chi ride accanto a noi senza giudicarlo ma facendoci attraversare da una risata? Siamo disposti/e a costruire e a non distruggere l’altro e l’altra accanto solo perché diverso o diversa da noi? Siamo disposti/e a esserci in una continua possibilità di dare anche mostrando la nostra fallibilità? Siamo disposti/e ad accettare che qualcosa ci stia sfinendo? Non farsi ingannare dalla forma. Questa è la sfida di Silvia Gribaudi. MONJOUR diventa così un’azione critica del potere e del successo che fa emergere un senso di libertà solo dopo numerosi tentativi di costruzione e decostruzione a partire da noi stessi, da noi stesse. Sei disposto o disposta a fare questo sforzo?
A cura di Michele Olivieri (Direttore Sezione Danza)