PEOPLELook e follower, e la musica dove la mettiamo?

05.04.23 - 08:00
Look e follower, e la musica dove la mettiamo? Sempre di più le melodie sono in secondo piano, a dispetto della popolarità nei social, e non solo…
Da sinistra Al Bano e Giuliano Benedetto (Credit ph. JB Production)
Da sinistra Al Bano e Giuliano Benedetto (Credit ph. JB Production)
Look e follower, e la musica dove la mettiamo?
Look e follower, e la musica dove la mettiamo? Sempre di più le melodie sono in secondo piano, a dispetto della popolarità nei social, e non solo…

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LUGANO - Giuliano Benedetto è produttore musicale di lungo corso, conosce la materia in tutti i suoi aspetti e secondo il suo pensiero non ci sono dubbi…

GIULIANO BENEDETTO, PRIMA DI INIZIARE, DUE PAROLE SULLA SUA LUNGA CARRIERA DI PRODUTTORE MUSICALE

La mia carriera è iniziata in due case discografiche di musica dance di fama internazionale, quali “Discomagic”, dove ho lavorato come direttore artistico, contribuendo poi alla scoperta di artisti come Robert Miles (che cantava “Children”) e successi degli anni 80-90’.

Sempre parlando di questi anni, ho dato il via a “Dream music” e il “fenomeno progressive”, rilasciando numerose produzioni con artisti conosciuti e successi, tra cui Dj Dado con “X-Files” (con rifacimento “Dream”, della serie tv “x-Files”) che si è posizionato al secondo posto delle classifiche inglesi, davanti al gruppo degli Oasis.

Seguono i successi ottenuti tramite compilation musicali, tra cui cito quella del film “Il Ciclone”, rimasta intoccata in classifiche per mesi, e “il Titanic”; ricordo anche di compilation di musica commerciale o dance-progressive negli anni 90’, quando la moda del momento era quella dei Festivalbar e Corona, tutto di mia realizzazione.

È importante citare inoltre che la mia etichetta, “JB Production”, è una delle più importanti etichette indipendenti della distribuzione digitale nel mondo, occupandosi di molti generi musicali diversi (quali latino, dance, lounge…); collabora, inoltre, con alcune piattaforme digitali di spessore, come Amazon, Spotify, Deezer, Itunes e Google Play.

MA ENTRIAMO NEL VIVO DEL DISCORSO, “AVERE SUCCESSO” È UNA QUESTIONE DI “LOOK E FOLOWER”?

Già ai tempi di Diana Ross e The Supremes, dove i loro vestiti luccicanti portavano all’attenzione la loro musica “soul funky”, il look era un biglietto d’ingresso importante; negli anni 70’, l’aspetto “particolare” era necessario per essere riconosciuto e considerato come artista a tutto tondo.

Al giorno d’oggi mi sento di dire che il look deve essere sempre curato e portato in evidenza basandosi sugli stessi concetti.

Per quanto riguarda i “follower”, li considero un falso “contatore” di successo: questo perché ad oggi se hai tanti follower vieni subito preso come famoso, quando ci basta pensare che anche alcune multinazionali e singoli artisti li comprano da siti appositi, alla portata di tutti, solo per aumentarne il numero.

L’esposizione è un ottimo modo di crescita, i follower no: prima chi andava in classifica aveva successo, ora chiunque può pagare per andare in classifica e, automaticamente, farsi un nome; questo è il funzionamento dei follower.

Alla fine, penso che venga a galla chi ha vero talento, senza bisogno di acquistarselo da sé.

PUÒ DARCI UN SUO PENSIERO SUL FESTIVAL DI SANREMO?

Penso che noi, popolo italiano, possiamo definirci più legati al festival di Sanremo che a festività come il Natale! Nomi come Bocelli, Ramazzotti, Pausini hanno portato successi a livello internazionale negli anni passati, resi noti per la loro spiccata melodia, e come non citare “Non amarmi” di Aleandro Baldi e Francesca Alotta, ripreso successivamente da Jennifer López e Marc Anthoy e reso canzone di fama mondiale, col nome di “No me Ames.

La canzone italiana gira nel mondo grazie a molti enti televisivi che “comprano” i nostri successi facendoli diventare virali nei paesi del’Est e Latino Americani.

È sempre giusto ricordare che per fare una canzone di successo bisogna puntare sulla melodia, cercando l’originalità ed evitando copiature da generi lontani da quello che è il pop italiano.

E LA SUA OPINIONE SUI TALENT?

Se prima i talent erano una vetrina interessante, che portava innovazione e volti meritevoli, ad oggi penso che siano passati in secondo piano, in quanto gli autori, che hanno il quasi totale controllo dello show, cerchino soprattutto popolarità, “fare spettacolo”, lasciandosi alle spalle artisti “veri” che purtroppo non hanno modo di sfoggiare il loro talento a causa di raccomandazioni o mancanza di denaro.

Questo discorso non vale per i talent americani o inglesi, dove sui palchi troviamo persone di talento e ben meritevoli; in Italia, purtroppo, sembra che la ricerca di talenti sia stata sovrastata da quella dell’umorismo e l’intrattenimento.

PER CONCLUDERE, IL SUO CONSIGLIO A CHI SOGNA DI DIVENTARE CANTANTE OGGI?

A chiunque sogni di diventare un cantante famoso al giorno d’oggi, che si distingue da chi lo fa per hobby, posso consigliare di affrontare due tappe fondamentali: la prima è quella di sfruttare la popolarità odierna dei social, farsi pubblicità tramite video che mettano in primo piano la creatività dell’artista, supportati da una mole di studio necessaria per definirsi un cantante completo al 100%.

Successivamente è necessario incrementare i like e le visualizzazioni, che sono una conseguenza dell’aumento dei follower: questo viene spesso aiutato dal, cosiddetto, “dio denaro”, attraverso producer pronti a portare avanti il tuo progetto, facendo pubblicità su diverse piattaforme e supportarti nell’avere successo passo dopo passo.

Redazione People