Prezzo:
Sabato 10 | 17.00
Arte
Luganese
INVITO sabato 10 giugno 2023
GALLERIA FOLINI ARTE e ARCHIVIO ITALO VALENTI
Per coloro che non hanno potuto partecipare all’inaugurazione e coloro che desiderano rivedere la mostra TRAME curata da Roberto Borghi, abbiamo il piacere di proporvi (in presenza degli artisti, Giuliano Collina, Jaime Poblete e dei curatori Roberto Borghi, Manuel Rossello, Pietro Giovannoli) un nuovo incontro in Galleria sabato 10 giugno a partire dalle 17.00. Vi aspettiamo.
Seguirà un piccolo rinfresco.
Renato Folini e Simone Cornaro Archivio Italo Valenti
UN VISIONARIO DI COSE VERE
Italo Valenti e i suoi rapporti con scrittori e poeti
Il primo saggio sulla pittura di Italo Valenti è opera di un protagonista misconosciuto
della cultura italiana di metà Novecento. Poeta, narratore e soprattutto drammaturgo
contraddistinto da una vena eccentricamente surreale, Beniamino Joppolo nel 1940 dà alle
stampe per le edizioni di Corrente L'ultima stazione: la messa in scena di questo testo, con la
regia di un ventenne Paolo Grassi e con gli esordienti Giorgio Strehler e Franco Parenti tra gli
interpreti, marca una cesura decisiva nella storia del teatro italiano. A Joppolo si deve anche
la stesura nel 1947 del Primo manifesto dello spazialismo insieme con Lucio Fontana, Milena
Milani e Giorgio Kaisserlian. La notorietà internazionale giungerà nel 1963, l’anno in cui
Jean-Luc Godard trarrà da un suo testo teatrale la sceneggiatura di Les carabiniers, uno dei
film più controversi del regista francese. Nello scritto su Valenti pubblicato dal numero della
rivista “Corrente” dell’aprile 1940 Joppolo mette in risalto «l’atmosfera trasognata» che
caratterizza le opere dell’amico pittore, ma anche il clima di «angoscia incessante» che
pervade il suo universo fantastico.
Procedendo in ordine cronologico il secondo autore di un saggio approfondito sulle
opere di Valenti è Guido Piovene: è a sua firma il testo introduttivo alla prima monografia
sull’artista pubblicata nel 1943, ma anche quello presente nel catalogo della prima personale,
allestita alla Galleria Genova nel 1941. All’inizio degli anni Quaranta Piovene è un
giornalista del “Corriere della Sera” e uno scrittore già famoso grazie a Lettere di una
novizia, il temerario romanzo del 1941 che, in uno stile virtuosisticamente ambiguo, mescola
sensualità e spiritualità, attrazione per l’abisso e ansia di assoluto. La sua città di origine,
Vicenza, è la stessa in cui Valenti trascorre alcuni anni tra l’infanzia e la giovinezza.
Ai soggiorni vicentini si deve l’amicizia tra l’artista e Neri Pozza testimoniata tra
l’altro da un fitta corrispondenza e da un testo del 1944 in cui il futuro editore - ma
inizialmente soprattutto scultore - definisce Valenti «il più letterato» tra i «giovani di punta
del gruppo di Corrente». Pozza, insieme con Antonio Barolini, è il promotore di un sodalizio
di giovani pittori - tra i quali Valenti -, scultori e scrittori che innova la scena culturale della
città veneta negli anni che precedono, e in quelli che immediatamente seguono, la Seconda
Guerra Mondiale. Gli amici della gaia gioventù. Arte e poesia a Vicenza dal 1930 al 1950, la
mostra inaugurata nel novembre 2022 nelle sale ipogee del Museo civico di Palazzo
Chiericati, documenta questo momento in cui si è udita «la voce senza dolore» di Barolini, un
poeta che ha «creduto nel sogno della gaia gioventù», come recitano due versi di una sua
lirica.
Nel medesimo arco di tempo Piovene dedica pochi e intensi scritti agli artisti di cui ha
stima: è grazie a lui se i renitenti ai precetti classicisti di Novecento passano alla storia come
Chiaristi; a lui dobbiamo tra l’altro un’acuta introduzione alla ricerca pittorica di Arturo
Martini. Nel testo del 1941 l’accento cade sul senso di inquietudine che promana dalle tele di
Valenti, sul tratto tormentato che cesella figure indefinite.
Joppolo e Piovene possono sembrare degli autori agli antipodi, e per certi versi lo
sono. Antifascista anomalo l’uno, fascista in malafede, per sua stessa definizione, l’altro; il
primo sempre ai margini, il secondo sempre sotto i riflettori nonostante i suoi molti e
vantaggiosi cambi di scena; di nicchia, ma a suo modo determinante, Joppolo, popolare, ma
sostanzialmente ininfluente, Piovene. Ad accomunarli tuttavia è una visionarietà sfaccettata,
contraddittoria, di cui entrambi percepiscono dei riverberi nei dipinti di Valenti.
«Visionario di cose vere», la definizione che Luciano Simonelli ha coniato per il
Piovene saggista, si adatta anche al pittore di scene pervase da «un’atmosfera onirica, ma
riportata in terra dall’ironia, dalla condiscendenza consapevole», come ha notato Carlo
Carena. Condiscendenza: una bellissima parola che, nella sua accezione letterale, rimanda al
gesto di scendere insieme, abbassarsi, porsi al livello delle persone alle quali ci si rivolge.
Nel caso di Valenti, il termine implica anche la scelta di non rifugiarsi nella dimensione del
fantastico, di non eludere il clima di ansia e costrizione che si vive nell’Italia degli ultimi anni
Trenta e dei primi Quaranta, di testimoniare anzi questi stati d’animo in dipinti nei quali i
colori «turbinano intorno al girotondo del mondo» (ancora Carena); allo stesso tempo, di non
limitarsi alla mera testimonianza, ma di esprimere il proprio desiderio di un altrove ed
esercitare in tal modo l’immaginazione. Piovene stesso, in apertura del testo introduttivo alla
monografia del 1943, ammette: «tra le molte ragioni per cui la pittura di Italo Valenti mi è
piaciuta fin dall’inizio [...], una è personale. Nel suo ingegno riconoscevo alcune
caratteristiche che mi erano famigliari. [...] Anche in lui c’era il gusto dei pericolosi equilibri,
di sporgersi il più possibile verso un’esperienza esterna, ma di ritrarsi prima di cadervi del
tutto».
Pensando a Joppolo ci si potrebbe chiedere quanto i personaggi che transitano dalla
sua Ultima stazione abbiano viaggiato sui treni che cominciano a comparire dal 1941 nei
quadri di Valenti. Fino all’incirca al trasferimento in Cantone Ticino, l’artista ha uno studio
affacciato sui binari della Stazione Centrale di Milano nel quale si reca più volte Eugenio
Montale, che in quegli anni sta cercando di coniare un proprio linguaggio pittorico
coniugando la lezione di De Pisis con quella di Morandi. Da questo studio passerà più volte
anche Enrico Emanuelli, lo scrittore - oggi purtroppo un po’ dimenticato - e caporedattore
delle pagine culturali del “Corriere della sera” che nel 1955 firma il testo in catalogo della
mostra personale di Valenti alla Galleria del Milione. L’amicizia con Montale invece avrà un
riscontro editoriale soltanto nel 1980, quando il pittore contribuirà con due acquetinte a una
ristampa in tiratura limitata dei Mottetti curata da Dante Isella. Due anni prima Valenti aveva
realizzato sette collages per I Re Magi a Astano, un racconto di Piero Chiara pubblicato in
trecento esemplari numerati da Natale Mazzucconi. Due conferme di quella «cultura
letteraria» che, secondo Carena, a Valenti «fu persino rimproverata»: l’artista comunque «non
se ne staccò mai, mai rinnegò i legami con poeti e romanzieri, le sue letture, il fondo
letterario della sua pittura»
Roberto Borghi, Lugano 2023
Info Evento
Per tutti
Sabato 10 Giugno 2023
dalle 17.00
Indirizzo
Folini Arte
6963, Pregassona
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