“Non l’ha ancora visto. Volevo organizzargli una proiezione privata, ma era sempre occupato. Diego non ha visto il film, lo vedrete prima voi in Piazza Grande di lui”.
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LOCARNO - Spiazza, Asif Kapadia, regista di Diego Maradona, con la candida confessione che il più grande giocatore della storia del calcio gli ha consegnato la propria vita, filmini di famiglia compresi, chiavi in mano. Ed è forse questo che li ha avvicinati, Asif e Diego, la sincerità disarmante. “Amo il calcio, ma lui lo riscoprivo solo una volta ogni quattro anni, ai Mondiali. Dal 1982 al 1994. All’Università ho iniziato a leggere di lui. Pensai subito a un film”. É arrivato, 25 anni dopo.
Dopo questo viaggio nella vita di Diego Maradona, chi è Diego, e che cos’è Maradona?
È una domanda difficile. Credo di aver fatto un film su Diego, il giovane arrivato a Napoli nel 1984. Maradona, il mito, inizia dopo, a carriera finita. La persona che ho incontrato e intervistato, è vero, era Maradona, ma il film parla soprattutto di Diego. Maradona lo vediamo solo dal punto di vista di chi lo ama e chi lo odia, di chi lo ritiene un genio e chi lo reputa un baro. È come il calcio, c’è il primo e il secondo tempo, prima e dopo il Napoli. La cosa affascinante è che lui non ti lascia indifferente, o lo si ama o lo si odia. Io lo amo, nonostante sia inglese e non abbia preso molto bene Argentina-Inghilterra del 1986. Non puoi negarti un amore per il più grande di tutti solo per una banale questione di tifo.
Senna, Amy e Diego Maradona sono quasi una trilogia sul peso dell’amore.
Mi piace quella definizione. Senna doveva essere il mio unico documentario, vengo dal cinema di finzione. Poi si è presentato il progetto di Amy e in quanto londinese era un’opportunità di fare un film sulla mia città, mentre Diego Maradona mi interessava come appassionato di calcio. Tutti e tre i film parlano dell’amore, dell’ossessione e della fama, del genio. Ma è pure una trilogia dell’ascesa e della caduta, sul lasciare la propria casa: si parla molto della famiglia, della casa, della patria: Senna parla del Brasile, mentre Diego Maradona è in parte un film sull’Argentina e su Napoli, sulla città e la sua cultura. Mi interessano i luoghi, e il significato sociale della cultura popolare.
Per certi versi Diego è accostabile a Amy Winehouse.
È curioso, perché nella prima parte del film Diego mi ricorda un po’ Ayrton Senna: latinoamericano, icona sportiva, orgoglio del suo paese al livello internazionale. Quando diventa famoso mantiene una certa vulnerabilità, un atteggiamento un po’ infantile, e in questo si avvicina a Amy Winehouse. È un personaggio complesso, e da quel punto di vista – il caos e il dramma – è puramente Maradona.
Ha visto altri film su Maradona, come quello di Emir Kusturica?
Conosco il cinema di Kusturica e mi piace molto, ma il suo film su Maradona non lo vidi in sala ai tempi e poi decisi di non vederlo mentre giravo il mio film. L’ho visto solo quando avevo quasi finito il mio progetto, e sono due film molto diversi: il suo parla di Kusturica quasi quanto di Maradona. Io non appaio nei miei film, non sono inquadrato, non si sente la mia voce. Voglio che siano loro – Ayrton Senna, Amy Winehouse e Diego Maradona – a raccontare le proprie storie.
A tal proposito, sentiamo solo le voci, una scelta forte, non si vedono i volti degli intervistati.
Sì, quella è una scelta stilistica. I miei film di finzione sono molto visivi, con pochi dialoghi, e voglio mantenere quella qualità cinematografica nei miei documentari. Non ci sono salti temporali con lui da vecchio, vediamo solo il Maradona che ricordiamo, al massimo della forma fisica. È una tecnica che ho applicato a Senna e poi sviluppato ulteriormente con i documentari successivi.
È vero che avevate a disposizione 500 ore di materiale d’archivio?
Di più! Quella cifra l’ha menzionata il produttore, e non credo che abbiamo fatto un conteggio esatto, ma io e il mio montatore abbiamo visionato migliaia di ore di materiale. C’è molto materiale privato, che il cameraman personale di Diego girò a Madrid e a Napoli. Il formato di allora è desueto, e per guardare i video abbiamo dovuto comprare un dispositivo su eBay. In alcuni casi abbiamo messo insieme inquadrature girate a Napoli e altro materiale filmato a Buenos Aires. Il film è un po’ come un puzzle.
Il suo primo incontro con Maradona?
Prima di incontrarlo ho scoperto che lui è un fan di Senna, seguiva la carriera di Ayrton ai tempi perché erano attivi nello stesso periodo: nel 1990 sui giornali sportivi a sinistra si celebrava il secondo scudetto napoletano di Diego e nella pagina di destra il secondo campionato del mondo del brasiliano. Non si sono mai incontrati ma si ammiravano ed erano fan l’uno dell'altro. Mentre stavamo negoziando con lui Amy ha vinto l’Oscar e Diego ha postato su Facebook un’immagine di me con la statuetta in mano e la scritta “Questo qua ha appena vinto un Oscar e il suo prossimo film parlerà di me!”. Nel nostro primo incontro abbiamo parlato per tre ore e ci siamo rivisti diverse volte, per cinque volte tra il 2016 e il 2017.
Farà un altro documentario, o vuole tornare alla finzione?
Sto pensando a vari progetti, sia di finzione che documentari. Quello che posso dire è che non farei un’altra biografia, mi piacerebbe girare qualcosa di politico, sulla politica mondiale di oggi.
Boris Sollazzo